Il social lending: altrimenti detto disintermediazione

Il così detto Peer To Peer, finanziamento erogato tra privati a prezzi vantaggiosi e quasi senza alcun costo, attraverso il web cresce a dismisura, mostrandosi valida alternativa alle difficoltà di credito degli istituti bancari e finanziari. Quante volte abbiamo sentito storie di persone che si son rivolte in banca per un piccolissimo credito, roba di un paio di migliaia di euro che avrebbero fatto la differenza nella sorte di un piccolo bilancio familiare e/o aziendale, ma che non sono stati concessi causando danni irreparabili? Eh già con la crisi che stiamo vivendo anche un paio di migliaia di euro fanno la differenza: “vivere o morire” ( nel caso di un’azienda per esempio). Di fronte a tutto ciò non ci resta che dirvi che la soluzione migliore è quella di “saltare” le banche.

Stiamo parlando di un qualcosa che si muove dal basso e sorprendentemente funziona; per la precisione un qualcosa che ha creato il mercato del social lending , i finanziamenti da “pari a pari ” che vengono erogati come prestiti tra privati a prezzi vantaggiosi, se non quasi a nessun costo; in questo meccanismo una mano aiuta l’altra attraverso una piattaforma che funziona da social network. Chiamasi disintermediazione: “saltare” gli istituti di credito che da anni ormai hanno difficoltà (o semplicemente spesso non vogliono) a concedere finanziamenti. Ci viene in mente a tal proposito un vecchio detto: “Le banche sono come quelli che ti prestano l’ombrello quando c’è il sole e lo rivogliono quando piove.” Quella del Social lending è una cultura nata nel Regno Unito, ma diffusa a larga misura dagli Statunitensi, complice il grande senso di imprenditorialità diffuso tra la gente.
La nuova spinta del social lending è sempre  più orientata al mercato. La prima giovane società italiana che  ha ottenuto l’autorizzazione dalla Banca d’Italia se l’è vista togliere per irregolarità amministrative. Il suo fondatore italiano, però, non si è perso d’animo e ha creato una nuova società regolamentata dalla Banca d’Italia e iscritta all’albo degli Istituti di pagamento. In due anni, secondo quanto riporta il sito, ha erogato 2.200 prestiti per un totale di 12 milioni di euro, con circa 5.800 prestatori attivi. I prestiti sono di piccola entità, quanto basta per fare fronte alla crisi di liquidità.

Il meccanismo è semplice: chi offre un prestito propone il suo tasso di interesse e chi lo prende deve mostrare la sua storia creditizia. Il tasso è da un lato in funzione della media dei tassi  e dalla storia di chi prende il denaro a prestito. In più, i prestiti non vengono fatti direttamente, ma frazionati tra 50 richiedenti in maniera tale che chi presta non veda mai un’esposizione con un singolo debitore per più del 2% del totale. Insomma, un meccanismo in cui l’innovazione sta nelle metriche, nell’approccio, nel sistema di misura. In Italia esistono un paio di realtà che praticano il social lending, e in generale il ruolo delle piattaforme è quello di offrire innanzitutto la legalità e trasparenza del meccanismo, la compliance con la normativa, verificare lo status del creditore e del debitore, la loro identità  e fare da assistente (digitale, perché tutto il processo avviene ovviamente online) ai differenti momenti della formazione di domanda e offerta, del loro incontro, della gestione del periodo di pagamento e della estinzione (anticipata, in tempo, ritardata o mancata) del credito. Quello che ovviamente le piattaforme non fanno è dare una garanzia sul singolo credito. Il meccanismo, però, pare funzionare: i prestiti aumentano e i soldi, come escono, così rientrano.
Siamo nell’ambito del “crowdfunding”, per qualcuno è solo un modo elaborato di dire “colletta”. Il concetto base è quello, ma il crowdfunding è molto di più. Grazie ad alcuni siti il finanziamento dal basso ha contribuito alla realizzazione dei progetti più disparati, dalle opere benefiche fino alla riapertura di alcune serie televisive. Chiunque può presentare un’idea e sottoporla al giudizio degli utenti, che decideranno se investire il proprio denaro. Crowdfunding,  in cui le persone finanziano altre persone: da un lato con la microfinanza via web, dall’altro con il social lending. E a quanto pare il crowdfunding e il social lending, in particolare, sono un buon affare.

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